venerdì 13 marzo 2015

Non è vero che leggere fa sempre bene, anzi bisogna andarci molto cauti!

Un film molto gradevole e raccomandabile, Gemma Bovery di Anne Fontaine con l'interpretazione di Fabrice Luchini, Gemma Aterton, Mel Raido e altri. Divertente, ben recitato, con belle facce (una quasi Laetitia Casta e un simil Daniel Day-Lewis tra gli altri), bei posti, personaggi molto azzeccati, anche quelli di contorno (l'insopportabile coppia anglo-francese, la madre nobile) e molti spunti di riflessione sui guai che può combinare la lettura, e non solo nelle casalinghe inquiete. Il protagonista Martin ha abbandonato la vita in città e un lavoro in una casa editrice per tornare in provincia, in Normandia, a fare il panettiere. E' ossessionato dalla letteratura, tanto da confondere i piani con la realtà: quando la casa di fronte alla sua viene comprata da una coppia inglese, i Bovery, lui Charlie lei Gemma, non può che identificare la bella Gemma con la sua quasi omonima Emma Bovary. Da qui un'ossessione che lo porta a spiarla, a osservarne le mosse che ricalcano quelle dell'eroina flaubertiana, a interferire pesantemente, mentre per parte sua Gemma suscita passione dovunque va. Ci sono malintesi continui causati dalla bellezza della donna e da ciò che gli uomini le proiettano addosso, con conseguenze anche pesanti, e altro non posso dire perché il plot conta in questa vicenda. Comunque, se ne può trarre una serie di considerazioni legate al continuo gioco di identificazione Gemma-Emma: leggere fa malissimo, anche ai panettieri di mezz'età; probabilmente leggere in provincia è molto più dannoso che in città; i giovani forse si salveranno perché non leggono romanzi se non per obbligo scolastico; insomma, meno si legge meglio si sta.   
Avvertenza per il lettore: in questo post si fa uso della figura retorica detta paradosso.

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