lunedì 13 giugno 2016

Maneggiare con cura 1: solo per veri intellettuali e lettori d'acciaio, Carmen Pellegrino, Cade la terra

Per una volta, alcuni libri di cui consiglio l'uso solo con molte precauzioni, avvertenze, controindicazioni e effetti collaterali. Cercherò di parlarne astenendomi dal giudizio, visto che  non sono un'intellettuale e forse non ho capito niente, e soprattutto sono lontanissimi dal tipo di romanzo che in genere mi acchiappa. Comunque la caratteristica che li accomuna è che sono libri da lettori forti, fortissimi, spinti da motivazioni che non siano la semplice gratificazione o men che meno lo svago. Non esattamente page turner, insomma. Se si tiene presente questo fatto e non ci si aspetta una forte tenuta narrativa, sono sicura che hanno molto da dare.

Il primo è Cade la terra, di Carmen Pellegrino, di professione abbandonologa. Ambizioso romanzo corale ambientato a Alento, borgo immaginario sui monti alle spalle del golfo di Salerno, che frana irreparabilmente spingendo gli abitanti a rifugiarsi nel borgo nuovo lasciandosi alle spalle le case crollanti e i ricordi di personaggi spariti. Una sola abitante, Estella, sopravvive in una grande casa in cui è stata a lungo istitutrice, o cameriera, o governante, del giovane Marcello, su cui affabula con una voce assolutamente inaffidabile in contrasto con quella di Marcello stesso. Estella prepara una cena dei morti, i cui invitati sono i fantasmi degli antichi abitanti, a ognuno dei quali è dedicato un capitolo in cui si presenta con voce reticente e lacunosa. Ci sono donne, padroni e poveri, un anarchico, un'umanità tipicizzata e variegata.  

Mi astengo dal fare dotti paragoni e citare modelli, ma siamo nel solco della più tradizionale letteratura meridionalistica, si parla molto di miseria, di ricchezza, della terra. La patina arcaica, terrosa, stesa sulla scrittura ha lo scopo di rendere favoloso il passato, ma forse l'ambizione e il rispetto fuori tempo massimo dei modelli è eccessivo, e l'insieme risulta un po' noioso e molto pretenzioso. L'impressione che ne ho ricavato è che non ci sia niente da rimpiangere a Alento.
Comunque, uno di quei libri con cui si fa sicuramente bella figura sia a portarselo dietro in treno sia a parlarne bene in società.

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