lunedì 20 giugno 2016

Gioventù, amore e morte a Berlino: Sabahattin Ali, La Madonna col cappotto di pelliccia


Uscito per la prima volta nel 1943, La Madonna col cappotto di pelliccia di Sabahattin Ali è stato ripubblicato in Turchia nel 2002, come ci informa nella prefazione (tradotta dall'inglese da Francesca Ferrua) Feride Çiçekoğlu, autrice di Non sparate agli aquiloni, diventando una delle letture più popolari tra i giovani che occuparono Gezi Park nel 2013: fenomeno che si può spiegare tanto con la personalità e la breve, tragica vita dell'autore quanto con il contenuto del romanzo. Nel 2015 Scritturapura lo ha lodevolmente pubblicato in italiano, nella traduzione dal turco di Rosita D'Amora.

La madonna col cappotto di pelliccia ha una curiosa struttura con un doppio io narrante. Nella parte introduttiva, un giovane scrittore senz'arte né parte viene assunto per i buoni servigi di un amico in una grande azienda, a Ankara. Dato che è l'ultimo arrivato, si trova a condividere la stanza con un oscuro travet, Raif Efendi, traduttore dal tedesco, introverso e solitario. Un lento avvicinamento lo porta a frequentarne la casa, intravederne la squallida vita familiare, e infine a entrare nella sua intimità leggendo un vecchio diario. E qui, con la voce di Raif Efendi, si entra nel vivo del romanzo, dove le tracce autobiografiche sono evidenti. Come Sabahattin Ali, che vi soggiornò dal 1928 al 1930, Raif in gioventù si reca a Berlino per studiare la produzione del sapone profumato, visto che la sua famiglia possiede alcuni oliveti e un saponificio. Impara il tedesco ma non conosce quasi nessuno, se non gli ospiti della pensione dove vive, finché nella sua solitudine irrompe un'immagine femminile, l'autoritratto di una pittrice di nome Puder, che lui battezza "Madonna col cappotto di pelliccia" perché gli ricorda la Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto.
Andrea del Sarto, La Madonna delle Arpie

Le vicende successive, i suoi rapporti con Maria Puder, gli sviluppi e la conclusione, costituiscono una delicata fantasia romantica, dal sapore vagamente decadente, non aliena da tocchi di patetismo. Il tono, malgrado la drammaticità, ha una delicatezza adolescenziale, un forte gusto di tenerezza. La cosa che colpisce è che tra queste pagine cui si può rimproverare solo una certa verbosità, una ripetitività come se l'autore si preoccupasse molto che il lettore capisca bene quello che vuole dire, non c'è assolutamente la storia maggiore né la politica, non compare nessun conflitto di cultura o religione, tra vecchio e nuovo, tra modernità e tradizione, ma solo sentimenti e emozioni. In un certo senso è un romanzo totalmente antimoderno. Quello che fa piacere è non trovarvi nessun giudizio sulla ragazza tedesca e la sua libertà, sebbene poi incontriamo anche un malinconico matrimonio inteso come dovere sociale.

Certo La Madonna col cappotto di pelliccia difficilmente potrà avere sul lettore italiano l'impatto avuto sui ragazzi di Gezi Park, ma è un bel romanzo straniante che ci parla da un passato non troppo lontano, pieno di verità, gioventù e sofferenza.

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