domenica 9 aprile 2017

Un racconto per passare il tempo: Di donne, taverne e marinai




Siccome sto leggendo un libro molto lungo e la recensione non riuscirà a scriverla per un po', pubblico un racconto così vecchio che neanche mi ricordavo di averlo scritto, minimalista nel tono e molto presuntuoso nella scelta dei personaggi.

                     DI DONNE, TAVERNE E MARINAI
  L'ostessa più bella e più famosa di Cadice era sicuramente Mercedes, la padrona della taverna dei Sette Marinai nel vicolo di Nostra Signora della Buona Morte. Era giovane e curiosissima;  molti marinai sprovvisti di  soldi per pagarsi il vino o il cibo avevano ottenuto quello di cui avevano bisogno in cambio del racconto delle loro avventure in terre sconosciute e mari lontani. Gli invidiosi erano pronti a giurare che Mercedes non esitava a offrire anche un letto ai buoni narratori di gradevole aspetto. Il marito di Mercedes, un portoghese massiccio di nome Manuel, sedeva in un angolo della taverna giocando a dadi con i clienti, portava su il vino dalla cantina e parlava il meno possibile, soprattutto quando la moglie era nei paraggi. Sembravano una coppia felice, e se Manuel non protestava mai quando Mercedes sedeva al tavolo di qualche avventore, lei faceva finta di non accorgersi di niente quando il marito perdeva ai dadi o non riusciva più a reggersi per il troppo vino. La taverna dei Sette Marinai era sempre piena; oltre che per la bellezza  della padrona, era famosa per la bontà del vino e la freschezza delle sardine che Manuel cucinava su un piccolo fornello fuori dalla porta. Per questo, qualunque marinaio o viaggiatore capitasse a Cadice prima o poi finiva per trascorrere le sue serate ai Sette Marinai.
    Una sera di dicembre ventosa e spruzzata di pioggia, un avventore sconosciuto entrò portando con sé un alito di freddo e si sedette a un tavolo libero, appoggiandosi con i gomiti sul legno liscio e lucido. Era un uomo vigoroso con i capelli a frangetta, vestito da borghese, ma senza lusso. Ordinò una bottiglia di vino e del pesce arrosto senza guardarsi intorno; dopo un po' le conversazioni interrotte agli altri tavoli ripresero, e nessuno gli badò più, tranne Mercedes, che dopo averlo servito gli chiese il permesso di sedersi al suo tavolo.
    "Da dove viene, signore?" gli chiese.
    Lui alzò le spalle, e non rispose.
    "Lei non è un marinaio, vero?"
    Di nuovo l'uomo alzò le spalle.
    "Come si chiama?"
    "Cristobal". Aveva una voce profonda e coltivata. "E tu, bella, come ti chiami?"
    "Mercedes".
    Contenta del suo primo successo, l'ostessa continuò a interrogare l'uomo e dopo un po' riuscì a strapparlo dal suo riserbo. Le raccontò che era a Cadice per vedere delle persone che potevano essergli utili per realizzare un suo grande progetto, e si sarebbe fermato in città almeno quindici giorni. Alloggiava in una locanda situata poche strade più in là e aveva sentito parlare della taverna dei Sette Marinai da un suo amico di Siviglia che aveva visitato Cadice qualche anno prima.
    "Il mio amico mi ha parlato di una bella ostessa" aggiunse, "e pur essendo un marinaio, per una volta non ha esagerato".    
    Mercedes sapeva apprezzare un complimento e questo non andò perduto con lei. Sorrise con tutta la faccia e versò ancora un po' di vino al galante gentiluomo.
    "Torni presto, signore" gli disse, prima di alzarsi per andare a servire gli altri clienti.
    Cristobal tornò, la sera dopo e tutte le sere per una settimana, e la sua intimità con Mercedes crebbe tanto che alla fine le rivelò il suo progetto. Era il primo pomeriggio, la taverna era vuota e Mercedes aveva raggiunto Cristobal nella sua stanza all'ultimo piano di una casa bianca dai balconi panciuti, che si affacciava sull'oceano scuro e imbronciato. Le lenzuola erano umide e lui le accarezzava pigramente la spalla carnosa. Dalle piccole finestre dai vetri piombati non si vedeva altro che un accavallarsi vorticoso di nuvole grigie.
    "Guarda fuori, bella. Vedi l'oceano? Io voglio salpare da un porto sull'oceano e navigare verso occidente fino ad arrivare nelle Indie. Finora non ho trovato nessuno che voglia finanziare la mia spedizione, ma prima o poi riuscirò a partire, e stabilirò una nuova rotta verso oriente, passando da occidente".
    Mercedes lo ascoltava a bocca aperta. Quelle parole le sembravano folli. Ma la luce grigia che penetrava dalle finestre addolciva il viso di lui e lo illuminava di un'espressione ispirata. Faceva freddo e bisognava stringersi per non sentirlo. Il sogno di Cristobal finì per conquistarla, e divenne anche il suo sogno. Raggiungere le Indie andando a occidente? perché no, se lo diceva lui?  Cristobal le mostrava carte e mappe, e Mercedes, con il mento appoggiato alla sua spalla, incominciò anche lei a far progetti.
    "Portami con te" gli disse. "Cucinerò per te e per i marinai, rammenderò i vestiti e le vele, e la sera..."
    Non osò proseguire. Aveva un po' soggezione di quell'uomo così serio e ossessionato dai suoi sogni.
    Cristobal rise fino a farsi venire le lacrime agli occhi.
    "Tu venire in mare con me? Questa è l'idea più assurda che abbia mai sentito".
    Mercedes si vergognò di aver osato proporre qualcosa di così stupido e cercò di rimediare.
    "Promettimi che scriverai un diario solo per me, per ricordare tutto quello che vedrai, non mi fido della tua memoria e poi tutti i marinai raccontano bugie e io voglio sapere tutto quello che ti succederà, minuto per minuto, voglio vedere con i miei occhi tutto quello che vedrai tu".
    Mercedes era sicura che Cristobal avrebbe trovato un finanziatore per il suo progetto: non riusciva a pensare che qualcuno potesse resistergli quando parlava con quella luce negli occhi e quel tono sicuro e nostalgico insieme che avrebbe convinto anche lo scettico più ostinato. Avrebbe voluto essere una regina per regalargli delle navi e del denaro per partire; era diventata ancora più certa di lui che la via per le Indie passasse dalla rotta dell'occidente.
    I giorni passavano, e con loro i pomeriggi nella stanzetta bianca, e le serate nella taverna che Mercedes trascorreva ormai tutte al tavolo di Cristobal, mentre Manuel era costretto a lasciare i dadi per servire i clienti trascurati da sua moglie. Ma i due non parlavano d'amore. I loro discorsi erano tutti intorno alla grande impresa che andava realizzata, al diario che Cristobal avrebbe tenuto per Mercedes e alle meraviglie delle Indie, l'oro, le perle, le pietre preziose che aspettavano solo qualche coraggioso che le raccogliesse. E se qualche volta nella voce di Mercedes c'era un tremito di paura, sollecitudine o tenerezza, spariva in fretta per lasciare posto all'ansia di realizzare il grande sogno.
    Il giorno della partenza, Cristobal andò alla taverna di buon mattino per salutare Mercedes. Lei stava spazzando il pavimento e si appoggiò alla scopa per parlargli.
    "Voglio sapere tutto, come se fossi con te, ricordati il diario" disse, e qualche lacrima scivolava sulla pelle compatta delle sue guance.
    "Te lo prometto" rispose lui e, salutato Manuel, partì.
   
La bella ostessa continuò ad ascoltare i marinai che avevano delle belle storie da raccontare, e ad accettare le loro storie in pagamento del vino e del cibo che suo marito cucinava. Ma man mano che gli anni passavano, il suo interesse diminuiva. A un certo punto gli avventori dei Sette Marinai si accorsero che il suo ventre si era arrotondato, e dopo qualche mese Mercedes partorì un bambino. A questo primo figlio ne seguirono altri tre, di cui uno morì, e della bella ostessa curiosa e compiacente rimase solo il ricordo. Era  sempre troppo occupata con i suoi marmocchi per ascoltare le storie dei marinai, che ormai frequentavano la taverna solo per il buon vino e la buona cucina di Manuel.
    La taverna dei Sette Marinai continuava a prosperare e a essere la più frequentata della città. Una sera, mentre padroni e clienti festeggiavano il diciottesimo compleanno del primo figlio di Manuel e Mercedes, uno straniero spalancò la porta e si sedette a un tavolo libero. Era primavera, ma all'interno l'aria era pesante e immobile. Mercedes, asciugandosi le mani nel grembiule, andò a servire il nuovo avventore, e si fermò impietrita davanti al tavolo.
    "Cristobal!" esclamò. "Che cosa fai qui?"
    E guardò con dolorosa sorpresa la frangetta grigia, gli occhi infossati, la pelle scura e rugosa di uomo abituato alla vita all'aria aperta. Alzò le mani alle guance gonfie e cascanti, si vergognò del ventre rotondo, delle mani appassite.
    "Sei proprio tu!" ripeté. "Che cosa hai fatto in questi anni? Sei arrivato alle Indie? Hai trovato l'oro e le perle? Cristobal, ho aspettato tanto! E non credevo che saresti tornato mai più!"
    "Ho promesso, e mantengo" rispose lui.
    Da sotto alla lunga tunica trasse un pacco voluminoso, avvolto in un pezzo di stoffa. Lo aprì, e ne tolse  un manoscritto e un mazzo di piume, rosse, verdi, gialle e azzurre, così sgargianti che sembravano tinte.
    "Sono venuto apposta dalla capitale per portarti questo" disse, porgendo piume e manoscritto alla donna.
    "Ma sei arrivato alle Indie?"
    "Ho trovato una terra popolata di selvaggi e di piante strane, nuova o già conosciuta, non so. Non ho trovato l'oro, né le perle, né le pietre preziose, ma ho dimostrato che la mia idea era giusta, che navigando verso occidente si sarebbe arrivati da qualche parte, e il mio progetto é riuscito".
    Continuava a tendere la mano con i suoi doni verso Mercedes, che non si decideva a prenderli. Lo guardava delusa, e scontenta di essere stata sorpresa nella sua malinconica decadenza. Non porse la mano per prendere i doni, e Cristobal li depose sul tavolo.
    "Sei sempre bella" disse lui.
    Ma lei non poteva più credergli, e così non credette nemmeno che il loro antico sogno si fosse realizzato.
    "Non sei arrivato nelle Indie" disse con tono di accusa, anche se in realtà si sentiva lei stessa colpevole, e non sapeva proprio di che cosa.
    "Ho scritto un diario per te" disse lui.
    "Lo leggerò" rispose Mercedes. "Che cosa vuoi bere?"
    "Una bottiglia di vino" disse Cristobal, ma dopo il secondo bicchiere si alzò, e gettata una moneta sul tavolo si avviò verso la porta.
    "Cristobal" disse Mercedes, che nel frattempo era andata a mettere a letto il suo figlio più piccolo. "Dove vai?"
    "Ritorno a Valladolid" disse lui.
    "Grazie del regalo. Leggerò il tuo diario. Che cosa sono queste? Piume? Le hai colorate tu?"
    "No, nelle Indie gli uccelli hanno veramente questi colori."
    Ma dal tono con cui lo diceva, sembrava che non ci credesse nemmeno lui.
    "Addio, Cristobal" disse Mercedes. "E grazie ancora".
    "Addio. E ricordati che quello che ho scritto, l'ho scritto pensando a te".
    Uscì prima che gli altri avventori si accorgessero che era successo qualcosa d'insolito.
    Mercedes raccolse piume e manoscritto, e passò meccanicamente uno straccio sul tavolo che aveva occupato Cristobal.
    "Appena avrò tempo lo leggerò" pensò, chiudendo il diario in un cassetto, quando finalmente andò a dormire dopo che l'ultimo avventore se ne era andato, e mise le piume colorate sul tavolino da notte, per darle il giorno dopo ai suoi bambini per giocare. 

2 commenti:

Massimo Citi ha detto...

Una storia breve e profondamente malinconica. In fondo né lei né Cristobal hanno raggiunto ciò che volevano, ma si sono dovuti accontentare di ciò che il tempo ha offerto loro. Il che, in fondo, è vero per noi tutti. Un bel racconto, triste e delicato.

consolata ha detto...

Grazie, Max. Sì, è triste, ma forse anche realistico. Ti dirò che io l'ho pubblicato per vedere se funzionava ancora - è una delle primissime cose che ho scritto. Tutto sommato sta in piedi, anche se è un po' ingessato e adesso lo scriverei in modo completamente diverso. Però non me ne vergogno troppo ;-)